LA LITURGIA E' AZIONE CHE APPARTIENE AL POPOLO DI DIO, NON SEMPLICE OSSERVANZA DI REGOLE

Il termine liturgia deriva dal greco antico "leitourgía", che significa letteralmente "azione del popolo". La liturgia dunque ha come scopo principale la santificazione del popolo di Dio(Sacrosantum Concilium 1,10) e l'adorazione verso il Signore, realmente presente nelle specie eucaristiche. Non si tratta quindi di una mera osservanza di norme liturgiche, di legalismo fine a se stesso, ma un servizio alla actuosa participatio del popolo di Dio, come ha voluto il Concilio Vaticano II e la conseguente riforma liturgica. Nel corso della storia, eventi come la crisi protestante e la ribellione di Lutero hanno influenzato notevolmente la riforma liturgica post Concilio di Trento. Il messale edito da Pio V insisteva giustamente molto su ciò che Lutero negava: il sacerdozio istituito, il valore sacrificale della Messa e la transustanziazione delle specie eucaristiche, ponendo fortemente l'accento su questi punti. Bisogna riconoscere ed essere grati al messale di Pio V per aver preservato la Messa dagli errori di Lutero, che avrebbero potuto ridurla a una semplice cena. È altrettanto vero, però, che la Messa di Pio V sacrificava altri aspetti importanti, come il valore comunitario, che era ridotto al minimo, tutto era incentrato sul sacerdote. Il Mistero Pasquale di Cristo, la Pasqua del Signore che si riattualizza come memoriale in ogni Messa, e la Liturgia della Parola erano ridotti al minimo. Nei secoli immediatamente successivi, la Chiesa ha posto molto l'accento giustamente sulla presenza viva e reale nelle sacre specie eucaristiche, sulla transustanziazione del pane e del vino. Ciò era necessario per rispondere all'errore luterano della consustanziazione e della presenza solo spirituale di Cristo nelle specie eucaristiche, che svanisce alla fine della celebrazione. Tuttavia, questa insistenza ha avuto anche dei lati negativi. Il senso pasquale dell'Eucaristia è stato oscurato dall'accento sulla presenza reale di Cristo e sul valore sacrificale. Ci si è concentrati eccessivamente sulla presenza reale di Cristo nelle specie eucaristiche, facendone l'elemento prioritario e spesso unico, il che ha portato a una scarsa partecipazione alla Comunione. In passato, ci si comunicava raramente, ed è emblematico che durante l'elevazione, il gesto che mostra Cristo all'assemblea, si abbassasse la testa. A nostro modestissimo parere, molti ragionamenti di impostazione legalista, come quello fatto dall'amico Francesco nella nostra discussione, provengono da questo contesto storico. Ci si concentra molto sull'osservanza delle norme, ritenendola la priorità rispetto alla partecipazione fruttuosa e consapevole del popolo di Dio. Si pensa che il rito debba essere uniforme, un ragionamento storicamente fallace, poiché il conformismo liturgico non è mai esistito prima del Concilio di Trento. Ogni diocesi aveva il suo rito, e solo con la riforma post Concilio di Trento si è esteso il rito romano a tutta la Chiesa, conservando alcune eccezioni come il rito ambrosiano, mozarabico e gallicano. Credo che il legalismo sia un male per la liturgia. Non stiamo incoraggiando l'assenza di regole né vogliamo sminuirne l'importanza, ma solo mettere le cose nella loro giusta gerarchia. Secondo la Costituzione conciliare sulla liturgia Sacrosanctum Concilium, i sacramenti sono ordinati alla santificazione (SC cap. 1, 10). Pertanto, una maggiore confidenza rispettosa verso il Signore realmente presente nelle specie eucaristiche non è da considerare come profanazione né come sacrilegio, ma come maggiore partecipazione e vicinanza.

Commenti

Francesco ha detto…
Carissimo,
ti ringrazio per questo post.

Sono d'accordo con molto di quanto scrivi: la Chiesa ha in certi momenti storici posto l'accento su alcuni temi, come ben descrivi dopo la rivoluzione protestante, e purtroppo la natura umana a volte ci porta a conseguenze 'sbagliate' o infelici anche se le intenzioni iniziali erano sante o buone; la scarsa partecipazione all'Eucaristia di cui parli ne è un esempio.

I commenti che ti ho lasciato sull'altro post sono molto 'tecnici' non per mero piacere di legalismo, ma perchè l'argomento trattato lo richiedeva, e quindi ho cercato di essere quanto più preciso possibile. Scrivendo dietro a uno schermo e non conoscendoti, non so che tipo di persona tua sia: magari sei un esperto in liturgia o in diritto canonico, e avresti quindi potuto controbattere alle mie tesi. Questo è il motivo per cui in quella sede magari ti sono sembrato "legalista" o interessato solo alle norme; il mio intento era di esporre le mie tesi su quell'argomento con precisione e argomentazioni chiare e lineari, in modo da costruire un eventuale dibattito su di esse, magari ricevere smentite su eventuali errori nel mio ragionamento e procedimento logico, eccetera (un'impostazione tipo il sito degli Amici Domenicani per intenderci). Come ho scritto nell'ultimo commento dall'altra parte, non sono minimamente un esperto di questi temi, quindi ciò che mi spingeva nello scriverti era solo interesse per arrivare alla verità: se le mie tesi erano sensate, vere, o se avevano delle falle.

La liturgia non è semplice osservanza di regole fine a se stesse: le regole sono a servizio della liturgia, e la Chiesa ce le dà nel suo amore e nella sua sapienza cosicchè possiamo viverla appieno e nel modo migliore, per la gloria di Dio e la nostra santificazione. Infatti le regole possono cambiare, come è stato nel corso dei secoli. Ma ribadisco che una decisione su tali cambiamenti può e deve arrivare solo dalla Chiesa 'gerarchica': se ognuno iniziasse a fare a modo suo, ci sarebbe una Babele di modi e varietà liturgiche.
Dopo il Concilio Vaticano II ci sono state diverse 'sperimentazioni': non voglio demonizzarle, il clima in quegli anni era quello quindi ci vuole maggiore comprensione. I papi successivi però hanno cercato di porre un po' di ordine, già cominciando da Paolo VI (vedi il caso della Comunione in mano, che richiederebbe una trattazione a parte, ma di per sè è nato come abuso e sia Paolo VI sia Giovanni Paolo II hanno inizialmente cercato in diversi modi di correggere, fino poi a concederlo come indulto di fronte all'indifferenza e disobbedienza dei molti).

Per quanto mi riguarda, se la Chiesa permette qualcosa a me sta bene, ed anzi è sbagliato pretendere uniformità laddove la Chiesa permette diversità. Ognuno ha le sue 'preferenze personali' e modi in cui si trova maggiormente, che 'risuonano' di più con il suo animo e la sua personalità: fintantochè questo rientra in ciò che la Chiesa permette, non ho nulla da ridire.
Come hai detto correttamente però, bisogna mettere le cose in giusta priorità: le 'preferenze personali' (intendo anche di gruppo) non possono ignorare o mettere in secondo piano ciò che la Chiesa dice.

Pax
Osservatorio finito ha detto…
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Osservatorio finito ha detto…
Caro amico, credo di aver già risposto in modo completo a ciò che hai scritto. Se stai cercando una polemica infondata, mi dispiace, ma non posso parteciparvi. Ti ho spiegato che esiste un principio superiore alle norme e alle discipline: la santificazione del popolo di Dio e la sua partecipazione fruttuosa alla liturgia. Le norme esistono e le rispettiamo, ma come richiesto dalla Chiesa e dal buon senso, queste si interpretano anche in base al contesto; nessuna norma umana è assoluta. Le norme sono al servizio della partecipazione attiva e fruttuosa, non siamo noi al servizio delle norme. Inoltre, le norme a cui fai riferimento sono di disciplina ecclesiastica, che va rispettata, ma si differenzia dalle norme di diritto divino presenti nell'Eucaristia. Ci sono aspetti immutabili dell'Eucaristia di diritto divino che, se alterati, compromettono la validità del sacramento, mentre ci sono discipline ecclesiastiche che non ne alterano la sostanza e che la Chiesa ha modificato, come il modo di ricevere l'ostia. Le tue tesi presentano un errore di fondo: supporre che le norme siano più importanti di tutto e che se non vengono rispettate alla lettera, il sacramento non sia valido. Questo non è pensare da cattolici, ma è cadere in un legalismo ingiustificato con l'unico scopo di attaccare e criticare in modo strumentale, il che è intellettualmente disonesto. La Chiesa è madre e maestra, non un'entità severa pronta a punire; perciò, il tuo ragionamento è errato. Le norme che hai menzionato sono generali, ma ovviamente la Chiesa cerca di aiutare i suoi figli adattando ogni norma al contesto e alla situazione. Il conformismo non è positivo; la Chiesa, nei limiti del possibile, cerca di venire incontro alle necessità dei fedeli, permettendo la comunione in ginocchio o in piedi, sulla lingua o sulle mani. Non si tratta di confusione, ma di una ricchezza che deriva dalla varietà liturgica.
Osservatorio finito ha detto…
La liturgia non va intesa come qualcosa di distaccato dalla vita quotidiana, poiché, essendo un'azione del popolo, è naturale che rifletta comportamenti umani. L'introduzione delle lingue vernacolari nella liturgia da parte della Chiesa è stata una scelta positiva, in quanto la liturgia non è un museo, ma qualcosa di vivo che si nutre di chi la pratica. Di conseguenza, un eccessivo attaccamento alle regole e alla precisione liturgica è insensato e, scusate la franchezza, potrebbe indicare una fede problematica o un'adesione troppo conformista. Non sono le regole a definire la liturgia, bensì il mistero pasquale che viene celebrato e vissuto; pertanto, insistere sulle norme può rivelare una fede non completamente sviluppata e una comprensione errata della liturgia. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che la liturgia esprime e realizza soprattutto il mistero pasquale (CCC 1067). È tempo di abbandonare l'immagine di una Chiesa punitiva che esamina tutto minuziosamente. Ciò che veramente importa sono le sincere motivazioni che guidano le persone.
Francesco ha detto…
Carissimo, posto una ultima risposta solo per delle ultime precisazioni.

Non ho cercato polemica, anzi, ho apprezzato questo tuo post e diverse tue risposte e nel mio rispondervi c'è sempre stato uno spirito di fraterna e onesta sincerità; purtroppo degli sterili commenti su internet non rendono le intenzioni o i toni del parlare, ma ti posso assicurare che tale era il mio spirito nello scriverti.

In tutto ciò che ho scritto non ho mai parlato nè messo in dubbio la validità del sacramento, non ho attaccato, non mi sembra di aver dipinto un'idea di Chiesa severa e punitrice, nè di conformismo (proprio nel precedente commento ho scritto che la cosa principale è "è sbagliato pretendere uniformità laddove la Chiesa permette diversità").
Ti dico in assoluta franchezza che sono queste ultime tue risposte, mi sembra, quelle "intellettualmente disoneste": mi hai messo in bocca parole che non ho minimamente detto nè a cui ho accennato, e in questo modo eviti in fondo di confutare realmente le mie argomentazioni (che come ho scritto sopra, ho esposto in quel modo per 'rigorosità scientifica', non per legalismo), limitandoti a un finale "il tuo ragionamento è errato", privo però di argomentazioni.
Come ho più volte scritto, sarei ben felice di veder dimostrato il mio ragionamento errato, ma con argomentazioni valide; per fare un esempio pratico: "OGMR 160 dice così, ma l'interpretazione che ne dai è errata perchè in quest'altro documento viene negato quanto asserisci". Questa sarebbe una confutazione reale di un'argomentazione, non "pensi che questo importi a Gesù?" o "la Chiesa non è un'entità pronta a punire; perciò il tuo ragionamento è errato".

In conclusione, ti ringrazio per la possibilità di scambio in questi commenti: sono convinto che sarebbe andata diversamente se ne avessimo discusso faccia a faccia. Forse il formato non era quello giusto per questo tipo di discussione, e sicuramente la sterilità di uno schermo non aiuta a spiegarsi e chiarificare.
Abbiamo delle idee che condividiamo e delle opinioni diverse, e non c'è alcun problema. Visto che mi suggerisci di evitare ossessioni eccessive per alcune questioni, mi permetto di suggerirti un po' più di umiltà nel ricevere ciò che insegna la Chiesa fedelmente e con obbedienza, anche quando non lo capisci a pieno: penso che questo sia l'atteggiamento più consono di un figlio nei confronti della madre.

Pax
Osservatorio finito ha detto…
Carissimo, grazie per aver chiarito le tue intenzioni e i toni della tua risposta. Capisco che le discussioni online possano facilmente risultare fredde o mal interpretate e apprezzo la tua fraterna sincerità. Capisco anche che non hai cercato polemica, e riconosco il tuo spirito fraterno e onesto nel voler dialogare. Le parole scritte possono spesso non rendere appieno le intenzioni e i toni del parlare. Concordo con te che non hai mai messo in dubbio la validità del sacramento. La mia risposta non intendeva suggerire il contrario.Se ho interpretato erroneamente le tue parole come critiche verso la Chiesa come severa e punitrice, me ne scuso. Accolgo la tua puntualizzazione che la diversità è permessa laddove la Chiesa lo consente.
Capisco che il tuo intento era di esporre le tue argomentazioni con rigore scientifico. Apprezzo questo approccio, ma ribadisco che la partecipazione alla liturgia deve andare oltre l'osservanza delle norme. La actuosa participatio del popolo di Dio, come indicato dal Concilio Vaticano II, implica una partecipazione viva e consapevole, non meramente formale.Hai ragione nel dire che una confutazione valida deve basarsi su argomenti solidi e precisi. Se ho mancato di fornire tali argomentazioni in precedenza, me ne scuso ma ciò che mi premeva dire è che le norme liturgiche sono a servizio della santificazione del popolo e non fine a se stesse. La disputa a forza di richiami e citazioni di norme liturgiche non avrebbe alcun senso, perché le norme sono quelle, e noi non le mettiamo in discussione. Il punto cruciale è come debbano intendersi e interpretarsi e contestualizzarsi , la discussione non riguarda le norme in sé, ma il tuo modo di interpretarle, che io considero non corretto, errato e rigido. Come ho già detto le norme sono a servizio della celebrazione, non ne sono l'essenza. Poiché non sono l'essenza, se c'è un motivo valido e per il bene e la conversione delle persone, si può anche derogare, fermo restando l'unicità dell'unico rito romano. Accolgo il tuo suggerimento con gratitudine. La crescita nella fede richiede apertura e umiltà, anche nel ricevere insegnamenti complessi della Chiesa, ma non ho messo in dubbio ciò. Ho notato però che il tuo ragionamento rispecchia quello dell'osservatorio sul Cammino Neocatecumenale, che ha una visione rigida della liturgia e non ammette deroghe. La liturgia, come ho esposto, non è solo conformismo, ma vive e respira grazie alla partecipazione attiva e consapevole dei fedeli.Ti ringrazio per la possibilità di scambio in questi commenti e per il tuo spirito di dialogo.

Post popolari in questo blog

LA COMUNIONE SUL PALMO DELLE MANI E' PECCATO?

Finalmente il blog "Osservatorio" sul Cammino Neocatecumenale secondo verità" è stato rimosso!!!

Gli "Osservatori" sono in crisi di astinenza da odio contro il Cammino Neocatecumenale