Una testimonianza che rispettiamo ma non condividiamo
Abbiamo ascoltato con attenzione la lunga testimonianza di Don Leonardo Maria Pompei, sacerdote noto per la sua attività sul web e per le sue catechesi. La sua esperienza personale, pur intensa e rispettabile, contiene affermazioni che meritano una seria riflessione teologica, storica ed ecclesiale. Non si tratta di contestare la sua vocazione o il suo vissuto, ma di chiarire alcuni punti che, se lasciati senza risposta, rischiano di generare confusione tra i fedeli e di alimentare una visione parziale e ideologizzata della Chiesa.
Il Cammino Neocatecumenale è un itinerario di formazione cristiana per adulti, approvato dalla Santa Sede con Statuto definitivo nel 2008. È stato sostenuto da numerosi Pontefici, tra cui San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, che ne hanno riconosciuto il valore pastorale, missionario e vocazionale. Ridurre le sue celebrazioni a una “caciara” di canti e balli è una semplificazione superficiale e irrispettosa. Quello che si vive nelle comunità neocatecumenali non è disordine, ma gioia pasquale: la gioia di chi celebra la vittoria di Cristo sulla morte. Non è scritto da nessuna parte che la Messa debba essere triste o avere un tono funebre. La Messa è la riproposizione sacramentale del Calvario, ma non è il funerale di Gesù. È memoriale della sua Passione, Morte e Risurrezione, e quindi è anche celebrazione della vita nuova, della speranza e della comunione ecclesiale.
Le modalità liturgiche del Cammino — come la comunione ricevuta in piedi, il pane azzimo, la celebrazione in piccole comunità — sono state esplicitamente approvate dalla Chiesa. Non si tratta di storture, ma di espressioni liturgiche che, pur diverse dalla prassi ordinaria, sono legittime e inserite in un contesto catecumenale. La Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia è professata con piena ortodossia. In particolare, l’uso del pane azzimo è perfettamente conforme al Messale Romano e alla tradizione cattolica. L’ostia consacrata nella Messa è, di fatto, pane azzimo. Non si comprende dunque cosa ci sia di strano o problematico nell’uso di un pane azzimo artigianale, purché conforme alle norme liturgiche.
Don Leonardo afferma che non inginocchiarsi alla consacrazione significherebbe negare o sminuire la Presenza Reale di Cristo e il valore sacrificale della Messa. Questa è una semplificazione teologica errata. I significati della Messa — la Presenza Reale, il sacrificio eucaristico, la comunione con Cristo — sono intrinseci al rito stesso, non dipendono dai gesti esteriori del fedele. La liturgia è azione di Cristo e della Chiesa, non teatro della nostra devozione personale. Inoltre, la Messa non si esaurisce nella sola consacrazione o nel sacrificio: è la riattualizzazione dell’intero mistero pasquale, dalla Passione alla Risurrezione e glorificazione. Ridurre la Messa a un solo aspetto rischia di impoverirne la ricchezza teologica e spirituale. È utile ricordare che i primi cristiani non si inginocchiavano durante la Messa, e che il Concilio di Nicea (325 d.C.), nel suo Canone XX, vietava espressamente di inginocchiarsi durante la liturgia domenicale e nel tempo pasquale, proprio per sottolineare la gioia della Risurrezione. La postura liturgica non è un dogma, ma un segno che cambia nel tempo e nei contesti ecclesiali.
Don Leonardo ha sostenuto in un suo intervento che non esisterebbero documenti storici che comprovano la comunione ricevuta sul palmo delle mani a forma di croce. Questo è storicamente infondato. Esistono numerose testimonianze patristiche — tra cui quella celebre di San Cirillo di Gerusalemme — che descrivono proprio questa modalità, praticata fino all’anno Mille. Ricevere l’Eucaristia sulle mani poste a croce non nega né la Presenza Reale né il valore sacrificale della Messa: al contrario, è un gesto di profonda riverenza e consapevolezza.
Don Leonardo è molto attivo sul web, ma molte sue catechesi risultano teologicamente discutibili. Il suo pensiero riflette una chiara ideologia tradizionalista, spesso critica verso il Concilio Vaticano II e la riforma liturgica. In più occasioni ha espresso posizioni che non trovano fondamento né nella teologia sacramentaria né nella storia della liturgia. Questo approccio rischia di confondere i fedeli e di contrapporre erroneamente Tradizione e Magistero vivente della Chiesa.
Non si comprende perché il blog Osservatorio dia così tanta importanza all’esperienza di Don Leonardo Maria Pompei. Probabilmente egli non era adatto alla spiritualità del Cammino Neocatecumenale, e questo è del tutto legittimo. Ma ciò non può diventare un giudizio magisteriale: è solo il punto di vista di uno dei tanti sacerdoti, non il pensiero della Chiesa né dei Papi. Sorprende inoltre che Don Leonardo critichi San Giovanni Paolo II per aver partecipato a una celebrazione neocatecumenale. Il Papa ha celebrato una Messa cattolica, con piccoli adattamenti approvati, e non ha certo “sbagliato”. Mettere in discussione la scelta di un Pontefice canonizzato, che ha sostenuto il Cammino con forza e convinzione, è una posizione che merita prudenza e rispetto ecclesiale.
La Chiesa è una comunione di carismi e itinerari. Il Cammino Neocatecumenale, pur con i suoi limiti, è parte viva e feconda della Chiesa. Criticarlo è legittimo, ma occorre farlo con rigore teologico, rispetto ecclesiale e carità fraterna. Don Leonardo ha vissuto un percorso sincero e sofferto, e per questo merita ascolto. Ma chi ha trovato nel Cammino la fede, la vocazione, la famiglia e la missione merita altrettanto rispetto. La verità non nasce da ideologie, ma dalla comunione con la Chiesa e dalla fedeltà al suo Magistero.

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