La Fede cattolica non è assente: è presente nel gesto, nel silenzio, nella testimonianza
Leggendo l’articolo di Mic sul blog Chiesa e Post Concilio intitolatoChiesa e post concilio: Leone XIV - Carlo III / La Fede cattolica è la grande assente si nota una critica all’incontro tra Papa Leone XIV e Re Carlo III, accusato di svuotare la Fede cattolica a favore di un’ideologia ambientalista e sinodale. Sento il bisogno di rispondere con chiarezza e rispetto. Non condivido questa interpretazione, che trovo parziale, polemica e incapace di cogliere il significato profondo di un gesto ecumenico che, ben lontano dall’essere una resa, rappresenta una testimonianza.
La preghiera ecumenica nella Cappella Sistina per la cura del Creato non è un atto di sincretismo, ma un’espressione della spiritualità cristiana che riconosce nella custodia della terra un dovere morale e teologico. La Chiesa cattolica, da San Francesco a Papa Francesco, ha sempre saputo leggere i segni dei tempi, senza confondersi con essi. Parlare di “nuova religione ambientalista” significa ignorare la profondità della Laudato si’, che non è un manifesto ideologico, ma un richiamo alla conversione del cuore e alla responsabilità verso il dono della Creazione.
Il gesto di offrire un seggio simbolico a Carlo III nella Basilica di San Paolo fuori le Mura non cancella la memoria dei martiri cattolici, come John Fisher e Thomas More, ma la trasfigura. Non si tratta di dimenticare, ma di riconoscere che la Fede può superare le divisioni storiche e parlare al mondo con voce di pace. Il seggio con la targa “Ut unum sint” non è un trono, ma un invito: “Che tutti siano uno”, come ha pregato Cristo. È un segno di apertura, non di confusione.
Accusare l’ecumenismo conciliare di indifferentismo significa fraintendere la sua natura. Il dialogo non è negazione della verità, ma modo di proporla con carità. La Fede cattolica non si misura con la polemica, ma con la coerenza. È presente in chi la vive con autenticità, anche nel dialogo. È presente nel gesto di chi tende la mano senza rinunciare alla propria identità. È presente nel ricordo dei martiri, ma anche nella speranza di una comunione futura.
In questo senso, noto con amarezza che sia in ambienti come MIc, sia in certi circoli tradizionalisti, si tende spesso a un’esagerazione nella critica. Non si riconosce mai nulla di buono che non sia già conforme ai propri argomenti. Ogni gesto che non rientra nel loro schema viene bollato come tradimento, come cedimento, come confusione. Ma la Fede non è un recinto: è una luce che può illuminare anche il dialogo, anche il gesto, anche il silenzio.
I tradizionalisti, in particolare, sembrano rimpiangere una Chiesa pre-conciliare chiusa, sempre in guerra con il mondo e con gli altri cristiani, ma incapace di riconciliazione. Una Chiesa che difendeva la verità con le armi della separazione, ma non sapeva proporla con le parole della carità. Oggi, invece, la Chiesa cerca di essere madre, non fortezza. E questo non è debolezza: è fedeltà al Vangelo.
E allora mi chiedo: cosa avrebbe dovuto fare il Papa? Forse una disputa teologica pubblica con il Re d’Inghilterra? Rinfacciargli le colpe storiche della sua Chiesa? Sarebbe stato questo il modo di testimoniare la Fede? O forse è più evangelico offrire un segno di comunione, pur nella distinzione, e mostrare che la verità può essere proposta senza arroganza?
Io, nel mio piccolo, voglio farne parte. Voglio testimoniare una Fede che non si chiude nel risentimento, ma si apre alla verità, alla memoria e alla carità. Perché la Fede cattolica non è assente: è viva, operosa, silenziosa. E parla anche quando non grida.

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