Non è Tradizione, è Propaganda
La celebrazione della Messa pontificale secondo il rito tridentino nella Basilica di San Pietro, presieduta dal cardinale Burke, è stata presentata dai tradizionalisti come una “rivincita”. Ma di chi? E contro cosa?
Il rito antico è autorizzato solo in forma eccezionale, come chiarito da Traditionis Custodes. Non è un ritorno, né una svolta. È una concessione, non una restaurazione.
Eppure, la narrazione che ne è stata costruita è quella di un trionfo ideologico. Un uso strumentale della liturgia per affermare una visione ecclesiale divisiva, nostalgica e ostile al cammino sinodale.
Il cardinale Burke, con la sua omelia incentrata sul “comunismo ateo” e sull’apostasia, ha scelto toni apocalittici e polarizzanti. Non un invito alla comunione, ma un manifesto di resistenza.
E sì, l’ho trovato grottesco con quei guanti bianchi, come se la liturgia fosse un teatro di caste. Un gesto che comunica distanza, non servizio. Un’estetica che diventa caricatura.
La Messa tridentina ha avuto un ruolo storico importante, ma oggi non risponde più alla sensibilità del popolo di Dio. Non è questione di bellezza: la Messa di Paolo VI è altrettanto densa, altrettanto sacra, altrettanto radicata nella Tradizione.
La bellezza non è un’arma. La liturgia non è un campo di battaglia tra fazioni, ma luogo di unità. Usarla come vessillo identitario è un abuso.
Burke non difende la Tradizione: la piega alla sua visione. La sua insistenza non custodisce la fede, ma alimenta la frattura. E chi ama davvero la Chiesa dovrebbe preoccuparsi di questo.
La presenza di altri cardinali, come Zuppi, in celebrazioni simili, dimostra che il rito antico può essere vissuto senza ideologia. Ma Burke sceglie la propaganda, non la comunione.
La Messa tridentina non è il problema. Il problema è chi la usa come strumento di lotta. E finché sarà così, non sarà segno di fedeltà, ma di divisione.
La Chiesa ha bisogno di ponti, non di trincee. Di liturgie che uniscono, non che separano. E di pastori che guidano, non che combattono crociate.
Difendere la Tradizione significa custodirla con umiltà, non brandirla come arma. E chi semina divisione, anche in nome del sacro, non serve l’unità, ma la propria agenda.
Il Papa attuale è uomo intelligente e prudente. Non si lascerà trascinare in crociate contro il Vaticano II. La linea tracciata dal Concilio è definitiva: non si torna indietro.
La riforma liturgica non è un errore da correggere, ma un cammino da custodire. Chi la attacca, attacca la comunione ecclesiale. E Papa Leone XIV lo sa bene.
Non è pensabile una coesistenza tra rito tridentino e rito post-conciliare come se fossero due modelli equivalenti. Il Concilio non ha mai previsto questa ambiguità.
Paolo VI lo disse con chiarezza nel concistoro segreto del 1976:
“E ciò è tanto più grave, in particolare, quando si introduce la divisione, proprio là dove congregavit nos in unum Christi amor, nella Liturgia e nel Sacrificio Eucaristico, rifiutando l’ossequio alle norme definite in campo liturgico.È nel nome della Tradizione che noi domandiamo a tutti i nostri figli, a tutte le comunità cattoliche, di celebrare, in dignità e fervore, la Liturgia rinnovata.L’adozione del nuovo Ordo Missae non è lasciata certo all’arbitrio dei sacerdoti o dei fedeli: e l’Istruzione del 14 giugno 1971 ha previsto la celebrazione della Messa nell’antica forma, con l’autorizzazione dell’ordinario, solo per sacerdoti anziani o infermi, che offrono il Divin Sacrificio sine populo.Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II.Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio Tridentino.”
Parole nette, che oggi suonano profetiche.
Non si tratta di due riti equivalenti, ma di una riforma voluta dalla Chiesa universale. Rifiutarla significa rifiutare l’obbedienza ecclesiale.
Il rito tridentino può avere uno spazio limitato, ma non può diventare il cavallo di Troia per minare il Concilio. La Chiesa non è un museo, ma un corpo vivo.
La vera Tradizione è viva, non fossilizzata. E il Papa, con pazienza e fermezza, sta difendendo proprio questo: una Chiesa che cammina, non che si ferma.
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Commenti
Sapendo che ci leggi benissimo anche se fai il finto tonto ti rispondo quanto segue:
By Tripudio scrive:
"Il bello di quest'epoca vaticansecondista è che anche chi si era maggiormente sforzato di essere "conciliare" ha preso bastonature piuttosto serie, come ad esempio l'Opus Dei (sentite ad esempio quanto rosicava LNBQ: Bergoglio ha agito "d'imperio" e "contro la sinodalità!").
Nostra risposta:
L’idea che “il conciliare” sia stato punito è una lettura vittimista e distorta. L’Opus Dei non è stata “bastonata” per aver aderito al Concilio, ma per aver vissuto una forma giuridica che necessitava aggiornamento. La sinodalità non è un capriccio di Bergoglio, ma una dimensione ecclesiale che il Vaticano II ha rilanciato con forza. Chi la rifiuta, confonde autorità con autoritarismo.
ByTripudio scrive:
"Fra l'altro, a suo tempo i kikolatri avevano complottato per trasformare il Cammino in prelatura personale, cioè per consolidare definitivamente la truffa ai danni della Chiesa (l'avere vescovi compiacenti, che ordinano presbikikos secondo quanto stabilito da catechisti laici, eccetera). La cosa non andò in porto, alcuni dicono perché fu proprio l'Opus Dei a "blindare" la possibilità di nuove prelature personali (per evitare che divenissero un giocattolino a disposizione di chi avesse abbastanza potere e soldi per corrompere officiali vaticani... come ad esempio il Cammino)".
Nostra risposta:
Parlare di “complotto” e “truffa” è un linguaggio da pamphlet, non da analisi ecclesiale. Il Cammino Neocatecumenale ha ricevuto approvazioni canoniche e statutarie, pur con limiti e correzioni. Se non è diventato prelatura, è perché non ne aveva i requisiti, non per oscure manovre dell’Opus Dei. La Chiesa non è un campo di battaglia tra fazioni, ma un corpo che discerne e corregge.
ByTripudio scrive:
"Ironia della sorte, l'Opus Dei è stata l'unica prelatura personale, dal 1982 al 2023 (di fatto fino al 2017, cioè fino a quando Bergoglio si rifiutò di approvare l'elezione episcopale del prelato dell'Opera, per poi subito dopo modificare il Diritto Canonico per ridurre tali prelature ad associazioni di preti). C'è da notare che l'Opus Dei (circa 90mila membri, di cui il 97,5% di laici, in quanto le costituzioni stabilivano un tetto massimo del 2,5% di sacerdoti) ha ubbidito senza furberie (non come Kiko e Carmen che il 17 gennaio 2006 scrissero al Papa che avrebbero disubbidito alle decisioni più importanti di Benedetto XVI)".
Nostra risposta:
"L’Opus Dei ha obbedito perché ha compreso che la forma giuridica non è il cuore della missione. La modifica del Diritto Canonico non è una punizione, ma un adeguamento alla realtà ecclesiale. Citare la lettera di Kiko e Carmen del 2006 come prova di “disobbedienza” è un esercizio di memoria selettiva: anche loro hanno poi accettato le correzioni. La vera fedeltà si misura nel tempo, non in uno scatto polemico.
ByTripudio scrive:
"Le stangate vaticansecondiste funzionano solo su chi ubbidisce (suppongo che sia esattamente questo il motivo per cui il Cammino non è stato ancora scomunicato o almeno sciolto d'autorità). La crisi di fede e di vocazioni ha fatto "invecchiare" il clero (e quindi poter spedire nelle parrocchie oltre duemilatrecento preti già "collaudati" può essere piuttosto interessante per i vescovi che hanno sempre il problema di "parrocchie non coperte") e ridotto pure il flusso di soldi (non sarà un caso che il santuario mariano di Torreciudad eretto dall'Opus Dei sia stato commissariato e trasferito alla diocesi)".
Nostra risposta:
Ridurre la crisi vocazionale a una scusa per “non scomunicare” è una visione cinica e priva di fondamento. Il Cammino non è stato sciolto perché, pur con limiti, ha prodotto frutti pastorali. Il commissariamento di Torreciudad non è una punizione, ma una riorganizzazione. La Chiesa non ragiona in termini di “stangate”, ma di discernimento. Chi obbedisce non è debole, ma radicato.
CONTINUA
ByTripudio scrive:
"Eh, già: col vaticansecondismo vescovi e preti si riscoprono "manager" ed esperti di "marketing" (anche se non usano questi termini), e poi non riescono né a maneggiare correttamente, né a fare marketing come si deve, e neppure a fidelizzare i "clienti", cioè i fedeli che Nostro Signore ha loro affidato. Erano bei tempi, quelli "preconciliari", in cui la maggioranza di preti e vescovi (e cardinali e pontefici) avvertivano almeno un po' la bruciante urgenza di salvarsi l'anima".
Nostra risposta:
Idealizzare il “tempo preconciliare” è una fuga dalla realtà. La Chiesa di oggi non è perfetta, ma affronta il mondo con strumenti nuovi. Il linguaggio da “clienti” è una caricatura: il Vaticano II ha chiesto di evangelizzare, non di vendere. Se alcuni falliscono, non è colpa del Concilio, ma della mediocrità personale. La salvezza dell’anima non è stata abolita: è stata riaffidata alla coscienza, alla comunità e alla Parola.
Insomma le solite scemenze scritte da questo signore fanno solo ridere
"Anonimo22 ottobre 2025 alle ore 16:57
Purtroppo quello che dice tripudio è verissimo ...oramai in tutte le parrocchie qualsiasi cosa che sia una novità viene vista come rinfrescante bella utile a portare vigore a far rifiorire ma non hanno capito un PIFFERO....satana già ci distrugge ordinariamente con le sue tentazioni studiate a misura per ognuno di noi se ci mettiamo pure a fare della chiesa lo stadio Maracanà non so il prossimo passo quale sarà??? Mettere i lancia cori o magari il laico che dice messa ,commenta vangelo e magari il sacerdote usato solo alla fine solo per benedire manco fosse un accendino...ahahah ma daiii non scherziamo magari con le risonanze fra una lettura ed un'altra con applauso o magari con un distributore di ostie fai da te...premi pulsante e scende...tanto per come vanno le cose tutto è concesso e verrebbe visto bene... povero padre pio si starà girando nella tomba lui che faceva una messa lunga si ,ma dove cristo era l' apice ed il centro...ora quasi quasi sembra che Gesù Cristo sia un ospite speciale nella messa tipo uno special guest invitato ...stile festa pagana che fa la sua apparizione di 15 minuti e poi se ne va....con san Pietro che gli fa da manager ma daiiii",
Risposta a Anonimo, 22 ottobre 2025 ore 16:57
Quello che hai scritto è un concentrato di disinformazione, sarcasmo e superficialità. Non è una critica: è uno sfogo sgangherato che confonde la liturgia con il cabaret, la Chiesa con un bersaglio, e la Tradizione con il tuo gusto personale. Se davvero pensi che oggi “tutto sia concesso”, allora non hai capito nulla né del Concilio Vaticano II né della missione della Chiesa.
Parlare di “stadio Maracanà”, “distributore di ostie” e “sacerdote accendino” non è solo irrispettoso: è offensivo verso milioni di fedeli che vivono la Messa con devozione e verso sacerdoti che si consumano per Cristo e per il popolo. Se tu vedi solo paganesimo, forse il problema non è la liturgia, ma il tuo sguardo.Se è per la messa preconciliare c'era chi scendeva al momento della comunione, la prendeva e poi andava via ed era quello che contava prendere Gesù, tutto il resto contava poco.Giustamente la riforma ha posto la regola che nelle messe di precetto è obbligatorio almeno che si ascolti il Vangelo altrimenti non si soddisfa il precetto festivo. La tua ironia su “il laico che dice Messa” rivela ignoranza ecclesiologica. Nessun laico può celebrare l’Eucaristia, e nessuna riforma lo ha mai previsto. Le risonanze, le letture condivise, gli applausi non sono profanazioni: sono espressioni di una comunità viva. Se ti disturbano, non è perché sono eretiche, ma perché non corrispondono alla tua nostalgia clericale. Tirare in ballo Padre Pio per giustificare il tuo disprezzo è una strumentalizzazione indegna. Padre Pio celebrava con intensità, ma non ha mai insultato chi cercava Dio in forme diverse. Se oggi Cristo ti sembra un “ospite speciale”, forse è perché hai ridotto la fede a un museo, e la liturgia a un rituale da custodire sotto vetro. La Chiesa non è tua, né mia: è di Cristo. E Cristo non si lascia incatenare da chi confonde la Tradizione con l’arroganza.
Chi scrive questi commenti si qualifica per quello che è un ignorante.
AVANTI TUTTA! IL VETUS ORDO SARA' IL CAVALLO DI TROIA CHE CACCERA' VIA IL NOVUS ORDO DALLA CHIESA".
E poi hanno il coraggio di dire che Papa Francesco aveva torto, che il Traditionis Custodes è sbagliato e che sono vittime di persecuzione.Abbiamo motivo di pensare che potrebbe essere meglio abrogare il messale di Pio V? Se una messa in San Pietro porta a queste manifestazioni di fanatismo, forse è preferibile limitarle.
Per lo stesso principio, se il tradizionalismo ideologico ha come suo sostenitore un Tripudio, credo che non farà molta strada. In effetti, questo ergersi a moralmente e spiritualmente superiori alle masse ha un po’ stancato — e persino infastidito. Richiama perfettamente l’atteggiamento del fariseo nei confronti del pubblicano. Come si è già detto, sono più loro un pericolo per l’unità della Chiesa che tante altre cose che, con ostinazione, continuano ad accusare.
Giuseppe
"messa in latino non si è mai interrotta del tutto
Il Vetus Ordo Missae, la cui esistenza è attestata a partire dall’inizio del II secolo d.C. e quindi pochi decenni dopo la morte degli apostoli (o forse solo dopo pochi anni, se si accoglie la tradizione che vuole che San Giovanni sia morto centenario), è stato il rito della Chiesa latina (il ramo occidentale della Chiesa cattolica) ininterrottamente fino al 1970, quando San Paolo VI introdusse il Novu Ordo Missae, la forma oggi prevalentemente celebrata".
L'autore sostiene che il vetus ordo, cioè la messa tridentina, risalirebbe al secondo secolo, ma si tratta di una falsità senza prove, infatti non cita documenti perché non esistono. Molti, forse in buona fede ma ignoranti, credono a queste bugie diffuse dal mondo tradizionalista. Il primo documento che attesta la celebrazione dell'Eucaristia nella Chiesa primitiva è la prima apologia di San Giustino Martire, che risale al secondo secolo d.C., e la celebrazione descritta non è certo la messa tridentina ma piuttosto una celebrazione molto simile alla messa di Paolo VI. Inoltre, la celebrazione delle comunità neocatecumenali vi somiglia ancora di più. Quindi, sono tutte bugie!
La Messa di Paolo VI somiglia di più alla celebrazione descritta da san Giustino Martire perché ne riprende la struttura comunitaria, la centralità della Parola e il linguaggio accessibile, mentre la Messa di Pio V riflette una teologia e una ritualità sviluppate molto più tardi, in epoca tridentina.
Ecco una spiegazione dettagliata:
La testimonianza di san Giustino Martire (II sec.)
Nella *Prima Apologia* (cap. 65–67), Giustino descrive la celebrazione eucaristica dei cristiani del II secolo:
-
Raduno domenicale: i fedeli si riuniscono nel giorno del sole.
Lettura delle memorie degli apostoli e dei profeti.
Omelia del presidente che esorta all’imitazione delle cose ascoltate.
Preghiere comuni e scambio del segno di pace.
Offerta del pane, del vino e dell’acqua.
Preghiera di ringraziamento (eucaristia).
Distribuzione e comunione, con tutta probabilità sul palmo delle mani poste a forma di croce e sotto le due specie..
Aiuto ai poveri con le offerte raccolte.
Questa descrizione mostra una celebrazione semplice, comunitaria, con forte partecipazione dei fedeli e una struttura che alterna Parola e Eucaristia.
Somiglianze con la Messa di Paolo VI
La riforma liturgica del 1969, voluta da Paolo VI dopo il Concilio Vaticano II, ha cercato di recuperare proprio questa forma originaria:
Liturgia della Parola valorizzata: con letture abbondanti, omelia obbligatoria e uso della lingua vernacola.
Partecipazione attiva dei fedeli: risposte, canti, gesti comuni.
Preghiera eucaristica esplicitata: con formule che ricordano la benedizione e il rendimento di grazie.
Struttura semplice e lineare: simile a quella descritta da Giustino.
Presidente rivolto all’assemblea, come nella celebrazione comunitaria antica.
In sintesi, la Messa di Paolo VI si propone come memoriale comunitario del sacrificio di Cristo, con enfasi sulla Parola, sull’assemblea e sulla comunione.
Differenze con la Messa di Pio V
La Messa tridentina (Missale Romanum del 1570) è frutto della riforma post-riforma protestante:
Lingua latina esclusiva.
Silenzio e gesti riservati al sacerdote.
Canone eucaristico fisso e silenzioso.
Fedeli spesso passivi, con devozioni parallele.
Centralità del sacrificio espiatorio, con accentuazione sulla Presenza Reale.
Questa forma, pur venerabile, riflette una teologia sviluppata nel XVI secolo, più distante dalla semplicità e dalla struttura comunitaria del II secolo.
La Messa di Paolo VI, pur essendo moderna, si ispira alla prassi antica descritta da san Giustino: assemblea, ascolto della Parola, rendimento di grazie, comunione. La Messa di Pio V, invece, è più vicina alla teologia medievale e tridentina, con un linguaggio e una ritualità che si sono stratificati nel tempo.
Dunque quanto afferma il blog Messainlatino è falso.
Parti rimosse dalla Messa dopo il Vaticano II
Parte rimossa -Introduzione storica -Motivo della rimozione.
Preghiere ai piedi dell’altare (Introibo, Salmo 42, Confiteor doppio) | IX–XIII sec. | Erano preghiere private del sacerdote; sostituite da un atto penitenziale comunitario.
Confiteor del ministro e assoluzione privata XIII sec. La confessione è ora comunitaria; l’assoluzione è riservata al sacramento della penitenza.
Canone silenzioso e invariabile X–XI sec. | Sostituito da più Preghiere Eucaristiche recitate ad alta voce, per favorire comprensione e partecipazione. |
Segni di croce multipli sul pane e sul calice | XIII–XV sec. | Ridotti per semplificare il rito e evitare gesti ridondanti. |
Genuflessioni multiple | XIII–XV sec. | Ridotte ai momenti essenziali (Consacrazione, Elevazione) per favorire fluidità e chiarezza. |
Orazione “Placeat tibi” alla fine della Messa | XV sec. | Considerata una preghiera privata del sacerdote, non parte del rito comunitario. |
Ultimo Vangelo (Giovanni 1,1–14) | XV sec. | Era una devozione finale; rimosso per concentrare la celebrazione sull’Eucaristia. |
Messe private senza popolo*| XI–XIII sec. | La Messa è vista come azione comunitaria; le celebrazioni senza assemblea sono scoraggiate.
Obiettivi della riforma
Recuperare la semplicità e la struttura originaria della celebrazione cristiana.
- Favorire la partecipazione attiva dei fedeli.
- Semplificare gesti e formule per chiarezza teologica e pastorale.
- Restituire centralità alla Parola di Dio e alla comunione ecclesiale.
Un esempio emblematico è l’affermazione di don Nicola Bux, teologo e liturgista, che nel 2012 ha ipotizzato che Gesù avrebbe dato la Comunione direttamente in bocca agli apostoli durante l’Ultima Cena. Tale ipotesi si basa su suggestioni artistiche — come le rappresentazioni del Tintoretto — e su analogie con usanze orientali di nutrire l’amato o l’amico con le mani. Tuttavia, questa è una lettura simbolica, non una ricostruzione storica. I testi evangelici parlano chiaramente: *“Prendete e mangiate”* (Mt 26,26), *“Prendete e bevete”* (Mt 26,27), dove il verbo greco *λάβετε* indica un atto volontario da parte dei discepoli, non un gesto di imboccamento.
La tradizione patristica e liturgica conferma che nei primi secoli la comunione veniva ricevuta sulla mano, come attestano san Cirillo di Gerusalemme (*Catechesi mistagogica V*, 21-22) e altri Padri della Chiesa. La pratica della comunione sulla lingua si afferma solo nel Medioevo, per motivi di riverenza e disciplina, e viene codificata come norma nel Concilio di Trento (1545–1563), in un contesto di reazione alla Riforma protestante.
Allo stesso modo, definire la Messa tridentina come “la Messa di sempre” è una mistificazione storica. Il Messale di Pio V, promulgato nel 1570, è il frutto di una riforma rinascimentale che sistematizza e uniforma la liturgia romana, eliminando le varianti locali non antiche e inserendo elementi connotati da una forte polemica anti-protestante. Non è la liturgia delle origini cristiane, né quella delle comunità apostoliche, ma una forma moderna, pensata per rispondere a una crisi ecclesiale e dottrinale. Parlare di “Messa di sempre” significa ignorare la varietà e l’evoluzione del culto cristiano nei secoli.
E allora mi chiedo: se con il Concilio Vaticano II la Chiesa ha scelto la via del dialogo ecumenico, riconoscendo nei protestanti dei “fratelli separati” (Unitatis Redintegratio, n. 3) e promuovendo il rispetto reciproco, come si può giustificare l’uso di un messale il cui impianto teologico e liturgico è costruito esplicitamente in opposizione al protestantesimo? Non è forse una contraddizione tollerare — e talvolta promuovere — una forma liturgica che nasce per escludere e combattere, proprio mentre si proclama l’urgenza dell’unità e della riconciliazione?
Uomo Libero – 28 ottobre 2025, ore 14:40
Domenica, durante la messa delle 10, gli eretici sono tornati alla carica con l’avviso dei loro incontri. Questa è la seconda volta che lo fanno. Forse nessuno sta andando ai loro incontri?
Ma non sono proprio loro, da anni, a ripetere che il Cammino Neocatecumenale sarebbe in declino, ai minimi storici, prossimo alla scomparsa? Come spiegano allora il fatto che si continuano a organizzare catechesi in tante parrocchie, con regolare annuncio durante la celebrazione eucaristica? Inoltre, questo signore che si definisce “Uomo Libero” — ma che libero non è affatto, almeno dal pregiudizio — arriva a etichettare come “appartenente a una setta” un membro del Cammino Neocatecumenale. Eppure si tratta di una realtà ecclesiale approvata dalla Chiesa Cattolica, riconosciuta dallo Statuto definitivo del Pontificio Consiglio per i Laici (2008), incoraggiata da diversi Pontefici, da san Giovanni Paolo II a Benedetto XVI, fino a papa Francesco, e che ha generato **migliaia di vocazioni sacerdotali, religiose e famiglie in missione in tutto il mondo.
Secondo questa logica distorta, chi ha fatto l’annuncio delle catechesi sarebbe un “settarista”. Ma allora chiedo: ha mai visto un Testimone di Geova o un pentecostale annunciare i propri incontri all’interno di una parrocchia cattolica, durante una messa cattolica? Se sì, ci dica dove e quando. Altrimenti, si riconosca l’assurdità di certe affermazioni.
SONO PROPRIO RIDICOLI!
Anni fa, per pura curiosità, partecipai a una Messa tridentina e, devo essere sincero, feci molta fatica ad apprezzarla: la sentii troppo distante, troppo fredda. Faticavo a percepire in essa l’amore di Dio. Mi parve piuttosto un rito autocelebrativo, un insieme di gesti che, certamente per mia ignoranza nel merito, non riuscii a cogliere nel loro significato. Tuttavia, proprio quell’esperienza mi fece comprendere ancora di più la grazia che rappresenta per tutta la Chiesa la riforma liturgica.
Eppure, la frangia più ideologica dei tradizionalisti attribuisce proprio a questa riforma la crisi di fede. Pazzesco.
Giuseppe